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News Giuridiche

Il danno cagionato da animali

 

L’articolo affronta i vari aspetti della questione: dopo aver chiarito la natura della responsabilità nel danno cagionato da animali, l’autore si sofferma sulla responsabilità alternativa e illustra onere probatorio e prova liberatoria. Il danno cagionato dalla fauna selvatica e dagli animali randagi ha ampio spazio, così come anche i danni conseguenti all’urto tra un veicolo ed un animale. Il contributo termina con un caso particolare: la responsabilità del gestore di un maneggio.

Sommario
La natura della responsabilità nel danno cagionato da animali
Il proprietario o chi si serve dell’animale: la responsabilità alternativa
L’onere probatorio e la prova liberatoria

Il danno cagionato dalla fauna selvatica e dagli animali randagi
I danni conseguenti all’urto tra un veicolo ed un animale
La responsabilità del gestore di un maneggio
1. La natura della responsabilità nel danno cagionato da animali
La responsabilità per danni cagionati da animali è disciplinata dall’art. 2052, cod. civ. il quale dispone che “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.

La responsabilità di cui all’art. 2052 cod. civ. ha natura oggettiva, e si fonda non su un comportamento o un’attività, commissiva od omissiva, ma su una relazione (di proprietà o di uso, anche temporaneo) intercorrente con l’animale, sulla presunzione di colpa juris et de jure in vigilando od in custodendo, e postula la mera relazione di proprietà o di uso, nonché il nesso causale tra il fatto dell’animale medesimo ed il danno subito dal terzo[2].

Detta responsabilità ricorre tutte le volte che il danno sia stato prodotto, con diretto nesso causale, da fatto proprio dell’animale secundum o contra naturam, comprendendosi in tale concetto qualsiasi atto dello stesso[3], e trova applicazione sia con riguardo ad eventi dannosi verificatisi in aree aperte che in zone non aperte al pubblico: siffatta interpretazione è conforme alla Costituzione, poiché la pericolosità dell’animale permane anche in luoghi chiusi al pubblico[4].

2. Il proprietario o chi si serve dell’animale: la responsabilità alternativa
La responsabilità ex art. 2052, cod. civ. è alternativa[5] tra il proprietario e colui che se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, e prescinde sia dalla continuità dell’uso, sia dalla presenza dell’utilizzatore al momento in cui l’animale arreca il danno[6].

“Avere in uso” l’animale significa esercitare su di esso un potere effettivo (di governo, di gestione, di vigilanza e di controllo, di trarne utilità e profitto[7]), del tipo di quello che normalmente compete al proprietario, derivi questo da un rapporto giuridico o di fatto: ciò che rileva non è tanto la finalità, quanto il tipo di uso esercitato. Deriva da quanto precede che, perché la responsabilità gravi su un altro soggetto, occorre che il proprietario, giuridicamente o di fatto, si sia spogliato di detta facoltà, mentre se continua ad avere ingerenza nel governo dell’animale, o continua a fare uso, sia pure per il tramite del terzo, resta responsabile del danno da esso cagionato[8].

Chi si serve dell’animale, in altri termini, è colui che, col consenso del proprietario, ne fa uso per soddisfare un interesse autonomo (anche da un punto di vista affettivo o “di compagnia”[9]), ed in modo tale che il proprietario non ne abbia più, in fatto o in diritto, controllo[10]. Qualora, invece, il proprietario continui a far uso dell’animale sia pure tramite un terzo, resta responsabile dei danni, in quanto espressione del principio ubi commoda ibi et incommoda[11]: la responsabilità ex art. 2052, cod. civ. non può infatti imputarsi a chi utilizzi l’animale per svolgere mansioni o incarichi inerenti alla propria attività di lavoro, che gli siano stati affidati dal proprietario dell’animale medesimo, alle cui dipendenze, o nell’interesse del quale, presta la sua opera[12].

Allo stesso modo, il custode di un animale a titolo di mera cortesia, anche ove lo tenga per lungo periodo, non risponde ex art. 2052 cod. civ. per il danno provocato a terzi dallo stesso: la suddetta forma di responsabilità aggravata non è riconducibile alla mera custodia. Il solo affidamento per ragioni di custodia, cura o mantenimento, non costituendo trasferimento del diritto di usare gli animali al fine di trarne vantaggio, non sposta a carico dei terzi la responsabilità per i danni cagionati dagli animali stessi[13]. Il custode risponderà, se del caso, ex art. 2043, cod. civ. ove sia provato che, nella custodia, ha violato le comuni regole di prudenza e diligenza[14].

Si rammenta che, in tema di responsabilità aquiliana, l’art. 2055, cod. civ. subordina la solidarietà passiva alla esistenza di un unico danno imputabile, anche in via presuntiva, alle condotte di una pluralità di persone. Ne consegue che, in caso di danno prodotto da più animali riuniti, anche occasionalmente, in gregge o in mandria, ed appartenenti a soggetti diversi, i diversi proprietari dei singoli animali rispondono solidalmente del danno solo se questo risalga, con rapporto di causa ad effetto, all’intero gregge, o all’intera mandria, intesi come entità indistinte[15].

La regola generale della solidarietà non può operare, invece, quando il danno sia stato provocato da soltanto uno o da alcuni degli animali riuniti, ipotesi nella quale di esso risponde solo il proprietario di quello o di quegli animali, senza che sia possibile coinvolgere nella responsabilità anche gli altri proprietari degli animali estranei all’accaduto[16]. Quando il fatto dannoso è sicuramente cagionato da uno dei vari animali presenti sul luogo dell’illecito, ma non è individuato a quale di questi animali esso è imputabile, nessuno dei loro proprietari può essere condannato al risarcimento del danno[17].

In tema di risarcimento del danno cagionato da animali, non può inoltre riconoscersi il risarcimento del danno non patrimoniale allorquando la responsabilità sia stata affermata, non in base ad un accertamento concreto dell’elemento psicologico, ma avendo riferimento alla presunzione di colpa di cui all’art. 2052, cod. civ.[18].

3. L’onere probatorio e la prova liberatoria
Poiché l’art. 2052, cod. civ. configura una responsabilità oggettiva, il danneggiato deve limitarsi a provare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale (comprendendosi in tale concetto qualsiasi atto o moto dell’animale quod sensu caret[19]: l’imprevedibilità del suo comportamento non può costituire caso fortuito, atteso che costituisce una caratteristica ontologica di ogni essere privo di raziocinio[20]) e il danno[21], incombendo sul danneggiante – a seguito dell’adempimento, da parte dell’attore, del proprio onere probatorio[22] – la prova del caso fortuito, inteso come fattore esterno idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, comprensivo del fatto del terzo o del fatto colposo del danneggiato: in assenza di tale prova, la responsabilità resta imputata a chi si trova in relazione con l’animale perché ne è proprietario o perché ha un rapporto di governo sul medesimo[23].

In altri termini, il convenuto in giudizio per il risarcimento dei danni, al fine di superare la presunzione di responsabilità iuris et de iure a suo carico, dovrà provare non già di essere esente da colpa, o di aver usato la comune o la massima diligenza e prudenza nella custodia (o la mansuetudine dell’animale[24]), bensì dovrà dimostrare, positivamente, l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva (incluso sia il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità[25], sia il fatto colposo di un terzo[26]), idoneo ad interrompere il nesso tra la condotta dell’animale e l’evento lesivo[27].

La ricorrenza del caso fortuito, quale causa di esclusione della responsabilità del proprietario, attiene al profilo probatorio, sicché, non costituendo oggetto di eccezione in senso proprio, è rilevabile d’ufficio[28].

Se il proprietario, convenuto in giudizio, vuole liberarsi della responsabilità a scapito di chi aveva – nelle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato il danno – l’uso dell’animale, deve provare di essersi spogliato dell’utilizzo dell’animale, senza che a tal fine possa essere ritenuta sufficiente la prova del momentaneo affidamento dello stesso ad altri, qualora detto affidamento sia accompagnato dal mantenimento della diretta sorveglianza sull’animale medesimo[29].

4. Il danno cagionato dalla fauna selvatica e dagli animali randagi
Il danno cagionato dalla fauna selvatica non è risarcibile ex art. 2052, cod. civ. essendo lo stato di libertà della selvaggina incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia a carico della P.A., ma, anche dopo l’entrata in vigore della l. n. 157 del 1992[30], in forza dell’art. 2043, cod. civ. con la conseguenza che, in base all’onere probatorio stabilito da tale ultima norma, spetta al danneggiato provare tutti gli elementi costituivi dell’illecito (fatto, danno, nesso eziologico, elemento soggettivo)[31]: sul punto, vi è stata anche la conferma da parte della Corte Costituzionale[32].

La gestione della fauna, incombente sulla Regione, non comporta infatti, ex se, che qualunque danno da essa cagionato le sia addebitabile, occorrendo la allegazione o quantomeno la specifica indicazione di una condotta omissiva efficiente sul piano della presumibile ricollegabilità del danno[33]. E’ onere di chi richiede il risarcimento provare tutti gli elementi del fatto illecito e, quindi, anche un concreto comportamento colposo ascrivibile al danneggiante, essendo insufficiente la prova del mero nesso di causalità materiale[34]: a mero titolo di esempio, sarà necessario dimostrare che il luogo del sinistro fosse all’epoca abitualmente frequentato da un numero eccessivo di esemplari tale da costituire un vero e proprio pericolo per le proprietà vicine, anche se adeguatamente protette, ovvero fosse stato teatro di precedenti incidenti, tali da dover allertare le autorità preposte sulla sussistenza di un concreto pericolo per l’uomo[35].

La responsabilità per i danni provocati da animali selvatici va imputata all’ente cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che derivino dalla legge, sia che trovino fonte in una delega o concessione: in quest’ultimo caso, l’ente delegato o concessionario potrà considerarsi responsabile, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., per i suddetti danni a condizione che gli sia stata conferita, in quanto gestore, autonomia decisionale ed operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all’esercizio dell’attività stessa, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni. Si deve indagare, quindi, di volta in volta, se l’ente delegato sia stato posto in condizioni di adempiere ai compiti affidatigli, o sia un nudus minister, senza alcuna concreta ed effettiva possibilità operativa[36].

Non rientrano nel novero degli animali selvatici – sottratti all’applicazione dell’art. 2052, cod. civ. – le api utilizzate da un apicoltore (tenuto conto che esse sono pienamente gestite dall’apicoltore, che attraverso il loro utilizzo svolge un’attività economicamente rilevante), il quale pertanto risponde ai sensi di tale disposizione e non dell’art. 2043, cod. civ. per i danni dalle stesse cagionati[37].

Anche con riferimento agli animali randagi, la responsabilità per i danni da loro causati deve ritenersi disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043, cod. civ. e non dall’art. 2052, cod. civ.; non è quindi possibile riconoscere una responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria[38].

Per affermarne la responsabilità in caso di danni provocati da un animale randagio non è dunque sufficiente individuare semplicemente l’ente preposto alla cattura dei randagi ed alla loro custodia, non essendo materialmente esigibile, anche in considerazione della possibilità di spostamento di tali animali, un controllo del territorio così penetrante e diffuso, ed uno svolgimento dell’attività di cattura così puntuale e tempestiva da impedire del tutto che possano comunque trovarsi sul territorio in un determinato momento degli animali randagi. Occorre dunque che sia specificamente allegato e provato dall’attore che la cattura e la custodia dello specifico animale randagio che ha provocato il danno era nella specie possibile ed esigibile, e che l’omissione di esse sia derivata da un comportamento colposo dell’ente preposto[39].

E’ ad esempio configurabile la responsabilità dell’ente qualora vi fossero state specifiche segnalazioni della presenza abituale di un animale in un determinato luogo, e ciò nonostante l’ente non si sia adeguatamente attivato per la sua cattura[40], oppure se la cattura dell’animale randagio fosse possibile ed esigibile[41].

5. I danni conseguenti all’urto tra un veicolo ed un animale
In tema di responsabilità per danni derivanti dall’urto tra un autoveicolo ed un animale, la presunzione di responsabilità oggettiva a carico del proprietario o dell’utilizzatore di quest’ultimo concorre con la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo, ai sensi dell’art. 2054, comma I, cod. civ. (anche nel caso che il danneggiato non sia un terzo ma lo stesso conducente, in quanto applicabile a tutti i soggetti che subiscano danni dalla circolazione) sicché, ove il danneggiato sia il conducente e non sia possibile accertare la sussistenza e la misura del rispettivo concorso – sì che nessuno supera la presunzione di responsabilità a suo carico dimostrando, quanto al conducente, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e, quanto al proprietario dell’animale, il caso fortuito – il risarcimento va corrispondentemente diminuito per effetto non dell’art. 1227, comma I, cod. civ. ma della presunzione di pari responsabilità di cui agli artt. 2052 e 2054, cod. civ.[42].

In altri termini, nel caso concorso fra le presunzioni stabilite a carico del conducente del veicolo e del proprietario dell’animale, comporta la pari efficacia di entrambe tali presunzioni e la conseguente necessità di valutare, caso per caso, determinando in base alle modalità del fatto concreto la sussistenza e la misura della responsabilità di entrambi, e senza alcuna reciproca elisione, il loro superamento parte di chi ne risulta gravato. Pertanto, quando non sia possibile accertare l’effettiva dinamica del sinistro, e perciò la sussistenza e la misura delle rispettive colpe, se solo uno dei soggetti interessati superi la presunzione posta a suo carico, la responsabilità graverà sull’altro soggetto; in ipotesi di superamento da parte di tutti, ciascuno andrà esente da responsabilità, la quale graverà invece su entrambi se nessuno raggiunga la prova liberatoria; in ipotesi di mancato raggiungimento della prova liberatoria da parte di ciascuno, dovrà affermarsi la responsabilità di entrambi per i danni conseguenti al sinistro, in eguale misura[43].

In assenza della prova del nesso causale tra il comportamento degli animali nella custodia del convenuto e la perdita del controllo dell’autovettura, non può essere riconosciuta la responsabilità del custode degli animali[44]. Allorché emerga una esclusiva responsabilità del padrone dell’animale, viene meno il principio secondo cui in caso di urto tra un autoveicolo e un animale concorrono la presunzione di responsabilità del proprietario o utilizzatore dell’animale e la presunzione di colpa del conducente del veicolo[45].

6. La responsabilità del gestore di un maneggio
Il gestore del maneggio risponde quale esercente di attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050, cod. civ., dei danni riportati dai soggetti partecipanti alle lezioni di equitazione, qualora gli allievi siano principianti, ed ai sensi dell’art. 2052, cod. civ., nel caso di allievi esperti, con la conseguenza che il danneggiante è onerato, nel primo caso, della prova liberatoria consistente nell’aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e, nel secondo caso, della prova del caso fortuito interruttivo del nesso causale, che può derivare anche da comportamento del terzo o dello stesso danneggiato[46].

Va tuttavia considerato che, qualora l’animale costituisca un mezzo per adempiere a una obbligazione[47], in caso di lesioni all’allievo la responsabilità è contrattuale, e dunque è onere del Circolo provare che le lesioni occorse all’allieva non dipendevano da cause ad esso imputabili. Applicare alla fattispecie l’art. 2052, cod. civ. significherebbe comprimere la tutela dei creditori di obbligazioni contrattuali che invece si ritrovano a dover dimostrare, ex art. 2052, cod. civ. il nesso di causalità tra la condotta attiva dell’animale e le lesioni[48].

Per l’incidente avvenuto in occasione di una passeggiata di allenamento in campagna a cavallo, la responsabilità si fonda, non su un comportamento del proprietario del cavallo, bensì su una relazione (di proprietà o di uso) intercorrente tra questi e l’animale, per cui solo lo stato di fatto e non l’obbligo di vigilanza o di controllo può assumere rilievo. L’affidataria dell’animale è dunque responsabile ex art. 2052, cod. civ. del danno cagionato dal cavallo che, seppure non di sua proprietà, nel momento del sinistro non poteva che ritenersi in suo uso. Detta responsabilità concorre con quella della associazione che ha organizzato la passeggiata, con la presenza dell’istruttrice, la scelta e la guida del percorso nonché della andatura dei cavalli[49].

Il cliente dell’albergo che, aderendo all’iniziativa promossa dall’albergatore, partecipi ad una “gita a cavallo” noleggiando un cavallo presso un maneggio, ove riporti danni alla persona a seguito di caduta dall’animale avvenuta nel corso della cavalcata, non può richiedere il relativo risarcimento invocando le presunzioni di responsabilità – ex art. 2052 o 2050, cod. civ. – del titolare del maneggio, dovendo al contrario fornire la prova della responsabilità di quest’ultimo secondo la norma generale ex art. 2043, cod. civ.[50].

[1] Articolo redatto nel mese di agosto 2019.
[2] Tribunale di Siena, sentenza del 24/10/2018, n. 1218; sulla natura della responsabilità ex art. 2052, cod. civ. cfr. Tribunale di Arezzo, sentenza del 10/10/2017, n. 1126; Corte appello di Campobasso, sentenza del 25/07/2017, n. 285; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/05/2016, n. 10402; Tribunale di Salerno, sez. II, sentenza del 05/05/2016, n. 1980; Tribunale di Arezzo, sentenza del 06/04/2016, n. 440; Tribunale di Lucca, sentenza del 01/03/2016, n. 446; Tribunale di Grosseto, sentenza del 22/04/2015, n. 387; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 16/04/2015, n. 7703; Tribunale di Foggia, sez. I, sentenza del 06/11/2014; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 28/07/2014, n. 17091; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/02/2014, n. 2414; Tribunale di Tivoli, sentenza del 03/03/2009; Tribunale di Nola, sez. II, sentenza del 22/01/2009, n. 213; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 23/01/2006, n. 1210; Tribunale di Reggio Calabria, sentenza del 02/07/2003; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/01/2002, n. 20; Corte appello di Torino, sentenza del 30/05/1987.
[3] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 05/02/1979, n. 778.
[4] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 06/12/2011, n. 26205.
[5] Secondo Tribunale di Roma, sez. XIII, sentenza del 06/05/2005 la responsabilità del proprietario dell’animale per i danni causati da quest’ultimo è alternativa, e non cumulativa, soltanto rispetto all’utilizzatore dell’animale, ma non già rispetto al custode d’esso (nella specie il Tribunale ha riconosciuto la corresponsabilità del proprietario di un cane, senza museruola, e del custode di un altro cane, con cui si era azzuffato, e da cui era stato morso). Sulla alternatività della responsabilità, cfr. Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/02/2014, n. 2414; Tribunale di Lucca, sentenza del 14/10/2015, n. 1704.
[6] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/02/2014, n. 2414.
[7] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 11/12/2012, n. 22632.
[8] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 28/02/2019, n. 5825 (nella specie, un dipendente di un maneggio era stata colpita in faccia da uno zoccolo in occasione dell’uscita dall’animale dal box in cui stazionava: la Corte ha escluso che la proprietaria del cavallo dovesse ritenersi responsabile dei danni); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/02/2014, n. 2414; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 07/07/2010, n. 16023; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/12/1992, n. 13016 (nel caso specifico, la Corte ha confermato la responsabilità esclusiva del mezzadro, restando irrilevante la circostanza che il proprietario divida con il mezzadro la responsabilità delle scorte del fondo).
[9] Tribunale di Monza, sentenza del 21/11/2005.
[10] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 05/02/2018, n. 2674; Corte appello di Campobasso, sentenza del 25/07/2017, n. 285; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/12/2015, n. 25738 (la Corte ha confermato la decisione di merito che – in relazione ai danni conseguiti ad un sinistro mortale, verificatosi in un maneggio nel corso di una lezione di equitazione – aveva ritenuto unica responsabile l’istruttrice, proprietaria del pony, svolgendo essa la propria attività in piena autonomia rispetto al club ippico); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 16/04/2015, n. 7703; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 11/12/2012, n. 22632; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 23/05/2012, n. 8102 (esclusa, nella specie, la responsabilità del proprietario di un cavallo per i danni subiti da una donna che era stata investita dall’animale, atteso che dalle risultanze istruttorie era emerso che l’animale non era stato usato dal proprietario, ma da un terzo, per soddisfare un interesse autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 12/09/2000, n. 12025
[11] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 17/10/2002, n. 14743 (nella specie, la Corte ha ritenuto un centro ippico responsabile dei danni subiti da un’amazzone a seguito di caduta da un cavallo di proprietà del centro stesso); Tribunale di Cagliari, sentenza del 27/12/2001.
[12] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 28/04/2010, n. 10189 ha riconosciuto che l’animale utilizzato sul lavoro è come un macchinario dell’azienda: se causa una lesione al dipendente, spetta al datore rifondere il danno (nella specie, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento in capo ad un sottufficiale della polizia municipale disarcionato dal cavallo durante una manifestazione: non è corretto addebitare il sinistro al poliziotto, “utilizzatore” del cavallo, in quanto la responsabilità da custodia si configura in capo al Comune che fa uso dell’animale per le sue finalità, anche se mediante un dipendente).
[13] Cassazione civile, SS.UU., sentenza del 27/10/1995, n. 11173; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 30/11/1977, n. 5226
[14] Tribunale di Genova, sez. II, sentenza del 24/03/2010.
[15] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/02/2000, n. 1967; Corte di appello di Perugia, sentenza del 08/06/1998.
[16] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/02/2000, n. 1967.
[17] Corte di appello di Perugia, sentenza del 08/06/1998.
[18] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 02/10/1998, n. 9794; Corte appello di Torino, sentenza del 30/05/1987.
[19] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/05/2016, n. 10402; Tribunale di Roma, sentenza del 27/04/1979 (l’esimente della responsabilità ex art. 2052, cod. civ. non opera in caso di imbizzarrimento di un cavallo, atteso che questo comportamento si ricollega alla naturale imprevedibilità e pericolosità dell’animale).
[20] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/04/2015, n. 7093 (confermata, nella specie, la condanna al risarcimento da parte del gestore di un maneggio per i danni occorsi alla vittima caduta da cavallo).
[21] Tribunale di Vercelli, sentenza del 09/01/1996 (la presunzione di responsabilità del proprietario dell’animale va esclusa ove manchi la prova del nesso causale tra indole e condotta dell’animale e danno subito dal terzo: nella specie è stata esclusa la responsabilità del gestore del maneggio per il danno subito da chi era montato in groppa all’animale e ne era caduto senza che fosse dimostrata come causa del disarcionamento una qualche bizza dell’animale stesso).
[22] Tribunale di Grosseto, sentenza del 13/06/2018, n. 590; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/04/2009, n. 9350; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/02/2000, n. 1971.
[23] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 19/07/2019, n. 19506 (nella specie, il cane che aveva assalito un bambino fuoriuscendo da un convento non aveva una apprezzabile relazione con il responsabile del luogo, sicché la responsabilità era da imputare alla sua collaboratrice, proprietaria dell’animale); Tribunale di Lucca, sentenza del 01/03/2016, n. 446; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 16/04/2015, n. 7703; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 30/03/2001, n. 4742; Tribunale di Padova, sez. III, sentenza del 24/07/1997, n. 1277.
[24] Tribunale di Reggio Calabria, sentenza del 02/07/2003; Tribunale di Cagliari, sentenza del 28/05/2001; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 06/01/1983, n. 75.
[25] Tribunale di Siena, sentenza del 24/10/2018, n. 1218; Tribunale di Cassino, sentenza del 24/04/2018, n. 515; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/05/2016, n. 10402 (nella specie, è stata confermata la condanna del proprietario di un cane che aveva morso un’amica di famiglia, introdottasi in casa, e che gli aveva dato una carezza, nonostante l’invito della moglie del proprietario ad allontanarsi, dando rilievo al fatto che la danneggiata conosceva l’animale fin da cucciolo); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 15/12/2015, n. 25223 (la Corte ha ritenuto adeguatamente integrata la prova liberatoria dalla circostanza che la parte danneggiata, la quale aveva riportato lesioni a causa di un calcio al volto sferratole da un cavallo, si era addentrata nel recinto, chiuso e riservato al personale, dove si trovava il cavallo, ponendo così in essere un comportamento volontario di cui si era assunta tutta la responsabilità, trattandosi peraltro di una esperta cavallerizza);Tribunale di Pordenone, sentenza del 10/04/1989; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 26/06/1981, n. 4160 (nel caso di specie, la Corte ha escluso la responsabilità ex art. 2052 cod. civ. del proprietario di un cane, ritenendo la colpa esclusiva del danneggiato che, introdottosi nel magazzino di vendita del suddetto nell’ora di chiusura al pubblico era stato assalito dall’animale).
[26] Tribunale di Milano, sentenza del 18/12/2004 (che ha ritenuto il comportamento dell’attrice – che in un recinto a loro riservato, attira su di sè l’attenzione dei cani per giocare con loro e, verosimilmente, si distrae per parlare con la custode dell’animale sollecitato, senza guardare cosa quest’ultimo stesse facendo nelle sue vicinanze – poco prudente ed unica causa dell’incidente, consistito nella sua rovinosa caduta).
[27] Tribunale di Avezzano, sentenza del 06/02/2019, n. 33. Sulla ripartizione dell’onere probatorio, cfr. anche Tribunale di Siena, sentenza del 24/10/2018, n. 1218 (secondo cui non è applicabile l’art. 2052, cod. civ. qualora il danneggiato, persona non conosciuta dal proprietario, si introduca repentinamente in auto e venga aggredito dall’animale, essendo un comportamento avente carattere dell’imprevedibilità, inevitabilità ed assoluta eccezionalità tale da escludere ogni responsabilità del proprietario); Tribunale di Grosseto, sentenza del 13/06/2018, n. 590; Tribunale di Pordenone, sentenza del 16/04/2018, n. 304 (nel caso di specie, il Tribunale ha condannato a risarcire i danni subiti da una signora inciampata sul guinzaglio di un cane lasciato incustodito e libero di muoversi all’esterno di un ambulatorio medico); Tribunale di Savona, sentenza del 09/12/2017 (che ha ritenuto configurabile la responsabilità ex art. 2052, cod. civ. nel caso di aggressione di un cane di razza pitbull, lasciato incustodito e privo di museruola); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 30/11/2017, n. 28652 (fattispecie relativa all’incidente occorso nel giardino di casa dei proprietari ad un bambino, posto a terra dalla nonna ed azzannato dall’animale; colpe suddivise all’80% a carico dei proprietari dell’animale e del 20% a carico della nonna, atteso che il suo comportamento era stato tenuto in un contesto autorizzativo, in presenza della comproprietaria dell’animale che non l’aveva preavvertita del potenziale pericolo); Corte appello di Potenza, sentenza del 28/11/2017, n. 642; Tribunale di Arezzo, sentenza del 10/10/2017, n. 1126; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/05/2016, n. 10402; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 21/04/2016, n. 8042 (la Corte non ha ritenuto configurabile la responsabilità dei proprietari di un cavallo, che aveva sferrato dei calci ad una donna – al settimo mese di gravidanza – causandone la morte del feto, attesa la condotta imprudente della danneggiata, passata dietro al cavallo, tale da interrompere qualunque nesso fra la custodia dell’animale e l’evento); Tribunale di Arezzo, sentenza del 06/04/2016, n. 440; Tribunale di Savona, sentenza del 21/11/2015; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 16/04/2015, n. 7703; Tribunale di Foggia, sez. I, sentenza del 06/11/2014; Tribunale di Ancona, sez. II, sentenza del 30/10/2014, n. 1787; Cassazione penale, sez. IV, sentenza del 24/10/2014, n. 49690 (la Corte ha ritenuto esistere responsabilità per il morso di un cane, in quanto la catena con cui era legato si era rotta ed il proprietario non ha fornito la prova che la corda fosse integra ed adeguata alla corpulenza del cane); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 28/07/2014, n. 17091; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/02/2014, n. 2414; Tribunale di Savona, sentenza del 17/10/2013; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/03/2013, n. 7260 (nella specie è stata riconosciuta la responsabilità del proprietario di alcuni alveari, che si trovavano a solo 180 metri dalla proprietà del danneggiato, il numero delle api era eccessivo rispetto a quello che poteva nutrire il terreno, e che, sulla terrazza, sulle pareti e sugli infissi della casa dell’attore erano state riscontrate vistose macchie scure risultate propoli); Tribunale di Teramo, sentenza del 12/03/2013, n. 218; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 11/12/2012, n. 22632 (la Corte non ha ritenuto configurabile responsabilità nei confronti del proprietario verso il trasportatore di animali per i danni causatogli dalle bestie durante le operazioni di carico o scarico, dal medesimo espletate in piena autonomia); Tribunale di Modena, sez. II, sentenza del 21/03/2012, n. 532; Corte appello di Roma, sez. IV, sentenza del 22/02/2012, n. 956; Tribunale di Modena, sez. I, sentenza del 12/01/2012, n. 78; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 06/12/2011, n. 26205 (che ha ritenuto configurabile la responsabilità ex art. 2052, cod. civ. in caso di aggressione del postino a bordo della propria Vespa dal cane sul vialetto privato di accesso all’abitazione del destinatario della corrispondenza); Tribunale di Parma, sentenza del 09/09/2011, n. 946; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/07/2011, n. 15895 (nella specie, la Corte ha ritenuto sussistere la responsabilità del proprietario a fronte del fatto che la danneggiata, di tre anni, era stata ferita per l’aggressione da parte di un cane che si trovava all’interno di un giardino il cui ingresso era costituito da un cancello non assicurato da idonea chiusura, tanto da potere essere facilmente aperto dalla bambina stessa); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 07/07/2010, n. 16023 (secondo cui i danni cagionati da un cane che circolava liberamente all’interno di una clinica veterinaria non possono imputarsi alla struttura o a un veterinario ivi operante, nel caso in cui l’animale non fosse di proprietà di questi ultimi, che non avevano nemmeno il potere di utilizzarlo); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 15/04/2010, n. 9037 (nella specie, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ritenuto che non poteva assumersi come atto determinante l’aggressione del cane, e dunque caso fortuito, il solo fatto di varcare un cancello aperto con accesso ad uno stabile); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 21/01/2010, n. 979; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 19/05/2009, n. 11570 (la Corte ha ritenuto applicabile l’art. 2052, cod. civ. nell’ipotesi in cui un cane, legato con il guinzaglio al corrimano delle scale di accesso ad una stazione della metropolitana ed incustodito, si avventi contro una persona anziana in atto di sorreggersi al medesimo corrimano, facendola cadere, a nulla rilevando che la vittima avesse la possibilità di evitare l’animale seguendo un percorso più discosto da esso); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 20/04/2009, n. 9350 (nella specie, non è stato ritenuto risarcibile il danno per essere caduto a terra dopo aver inciampato nel guinzaglio a laccio di un cane, se non si prova il nesso causale tra la condotta dell’animale e l’evento lesivo: secondo la Corte, l’attrice non aveva dimostrato che il cane si era mosso); Tribunale di Tivoli, sentenza del 03/03/2009; Tribunale di Bari, sez. III, sentenza del 15/01/2009, n. 92; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 19/07/2008, n. 20063; Corte appello di Milano, sez. II, sentenza del 24/04/2008, n. 1168; Tribunale di Prato, sentenza del 16/01/2008 (nella specie, l’affidatario di un cane di razza dobermann, preso presso il canile municipale, è stato ritenuto responsabile – non avendo allegato circostanze idonee a dimostrare il caso fortuito – delle lesioni riportate da un minore a seguito dell’aggressione dell’animale, privo di museruola); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 19/03/2007, n. 6454 (la Corte ha riconosciuto il diritto al risarcimento verso i proprietari di un cane a causa di un morso al volto inferto alla ricorrente mentre era in visita alla loro abitazione); Tribunale di Padova, sez. II, sentenza del 13/07/2006, n. 1588; Tribunale di Cagliari, sentenza del 08/05/2006, n. 1189 (non vi è responsabilità ex art. 2052, cod. civ. in caso di danno cagionato ad un soggetto minore in tenera età, a fronte dell’omessa vigilanza sul bambino da parte del genitore a conoscenza della presenza dell’animale); Tribunale di Milano, sentenza del 30/11/2005 (la Corte ha ritenuto applicabile l’art. 2052, cod. civ. nel caso in cui un cane, messo alla catena all’interno di un autolavaggio rimasto incustodito durante l’ora di pausa, catena che ha consentito all’animale di raggiungere ed aggredire una persona entrata dalla porta chiusa ma non serrata, in modo che il cliente, abituale, si era potuto addentrare nell’ambiente alla ricerca di qualcuno per informazioni: nel caso in esame, la Corte ha riconosciuto nella misura del 50%, ai sensi dell’art. 1227, cod. civ. la colpa del danneggiato, che ha imprudentemente omesso di considerare l’avviso “attenti al cane”); Tribunale di Milano, sentenza del 30/11/2005 (nella specie, è stata ravvisata la responsabilità dei proprietari di cani, nel caso della rovinosa caduta di un motociclista, di cui il primo di grossa taglia e aggressivo, lasciato libero e senza museruola sulla pubblica via, mette in fuga un cane bassotto il quale con il relativo guinzaglio attraversa inopinatamente la strada sortendo da veicoli in sosta parandosi davanti al motociclista a breve distanza. La responsabilità dei proprietari dei cani viene suddivisa ex art. 2055, cod. civ. nella misura di 2/3 a carico del proprietario del cane aggressore e nella misura di 1/3 dell’utilizzatore del cane bassotto); Tribunale di Milano, sentenza del 23/11/2004 (secondo la quale può configurarsi la responsabilità ex art. 2052, cod. civ. anche in assenza di un contatto fisico tra l’animale ed il danneggiato, sempreché il danno sia comunque riconducibile all’azione dell’animale); Giudice di pace di Ravanusa, sentenza del 26/05/2004 (nel caso di specie, gli animali di proprietà del convenuto non erano custoditi adeguatamente, ed il convenuto non ha adottato le idonee misure di sicurezza atte ad impedire l’evento dannoso, quali ad esempio la predisposizione di uno spazio munito di recinzione completa con maglie metalliche); Tribunale di Roma, sentenza del 12/03/2004 (non è ravvisabile responsabilità del proprietario per i danni causati da un cavallo imbizzarrito durante la lezione all’istruttore di una scuola ippica, in quanto l’istruttore è la persona che “ha in uso l’animale”); Tribunale di Reggio Calabria, sentenza del 02/07/2003; Tribunale di Padova, sez. II, sentenza del 05/02/2003 (secondo cui è configurabile la responsabilità ex art. 2052, cod. civ. quando degli spari provenienti dalla riserva di caccia sono stati causa immediata e diretta dell’imbizzarrimento del cavallo che aveva provocato la caduta dell’allievo, in quanto tale circostanza non può intendersi come caso fortuito, posto che è certa la riconducibilità dell’evento al comportamento del gestore del maneggio per averlo organizzato in un posto del genere, fonte di nervosismo per i cavalli); Tribunale di Cagliari, sentenza del 28/05/2001; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 30/03/2001, n. 4742; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 14/09/2000, n. 12161; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/02/2000, n. 1971; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 13/05/1999, n. 4752 (per cui non è ravvisabile il caso fortuito nella fuga dal mattatoio di un grosso bovino, avuto riguardo al naturale istinto di salvezza, previo abbattimento di un piccolo cancello); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/12/1998, n. 12307; Tribunale di Perugia, sentenza del 04/07/1998 (la Corte ha ritenuto responsabile colui che tollera all’interno del proprio fondo la presenza di un animale – nella specie, un cane lupo – in quanto ha l’obbligo di adottare ogni cautela idonea a prevenire possibili aggressioni dello stesso ai danni di coloro che legittimamente accedono al luogo medesimo, indipendentemente dal fatto che l’animale sia o meno di sua proprietà o venga da lui utilizzato); Giudice di pace di Perugia, sentenza del 20/11/1997 (per cui il proprietario dell’animale non può far valere quale caso fortuito il fatto che il danneggiato si sia immesso abusivamente sul suo fondo, se a lui era noto che il fondo, non interamente recintato, era abitualmente frequentato da estranei); Cassazione civile, sez. I, sentenza del 28/03/1997, n. 2809 (secondo cui non è applicabile l’art. 2052, cod. civ. per i danni cagionati dalla fauna selvatica presente sul territorio dell’azienda del concessionario di azienda faunistico–venatoria, che è responsabile dei soli danni cagionati dalla selvaggina allevata); Pretura Citta’ di Castello, sentenza del 24/10/1994 (nel caso di specie, avendo un cane lupo morso una donna, non è stata considerata prova liberatoria il fatto che il proprietario avesse intimato alla donna di “non dargli confidenza”); Tribunale di Asti, sentenza del 31/12/1992 (per la quale non vi è responsabilità né della società alberghiera, né del titolare del maneggio, quando la cliente noleggia un cavallo, dichiarandosi in grado di condurlo e rifiutandosi di indossare il casco protettivo, e sia poi caduta in seguito all’improvvisa partenza dell’animale al galoppo); Corte appello di Torino, sentenza del 30/05/1987; Tribunale di Milano, sentenza del 10/10/1985 (per la quale sussiste la responsabilità del proprietario di un cavallo che, scalciando, arreca danno ad un cavaliere su altro cavallo); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 23/02/1983, n. 1400; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 06/01/1983, n. 75; Corte appello di Milano, sentenza del 06/10/1978.
[28] Tribunale di Siena, sentenza del 24/10/2018, n. 1218; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 16/06/2016, n. 12392.
[29] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 21/01/2010, n. 979 (nella specie, la Corte ha ritenuto che il titolare di un’associazione organizzatrice di una passeggiata a cavallo a beneficio dei privati fosse responsabile dei danni occorsi al fantino per effetto della caduta provocata dall’improvviso imbizzarrirsi dell’animale, a causa dello spavento conseguente alla vista di un cane pastore); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/01/2002, n. 20.
[30] Tribunale di Perugia, sez. II, sentenza del 17/12/2018, n. 1677 ha specificato come la previsione generale contenuta nella L. n. 157/1992 – la quale dispone, all’art. 1, comma III che le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica, ed all’art. 9, comma I, che le regioni esercitano le funzioni amministrative di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria e svolgono i compiti di orientamento, di controllo e sostitutivi – non comporta che qualunque danno a vetture circolanti cagionato dalla fauna selvatica sia automaticamente addebitabile alla Regione, occorrendo la allegazione o quantomeno la specifica indicazione di una condotta omissiva efficiente sul piano del presumibile collegamento della verificazione dell’evento dannoso alla violazione dell’obbligo cautelare previsto dalla normativa.
[31] Tribunale de L’Aquila, sentenza del 04/07/2019, n. 514; sempre sulla natura extra contrattuale, ex art. 2043, cod. civ. della responsabilità per danni da fauna selvatica, cfr. Tribunale di Ancona, sentenza del 28/05/2019, n. 1025; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 27/02/2019, n. 5722 (nella specie, la Corte ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento dei danni giacché la gestione della fauna assegnata alla regione non comporta che qualunque danno cagionato da essa sia addebitabile all’ente territoriale preposto. La Corte ha confermato la sentenza che aveva respinto la domanda di un coltivatore diretto per l’aggressione da parte di un cinghiale proveniente da una confinante oasi naturale, non potendo essere pretese la recinzione o la segnalazione generalizzata di tutti i perimetri boschivi, indipendentemente dalle loro peculiarità concrete, e non essendo stato provato che il luogo del sinistro fosse all’epoca abitualmente frequentato da animali selvatici, in un numero eccessivo di esemplari tale da costituire un vero e proprio pericolo per le proprietà vicine anche se adeguatamente protette ovvero teatro di precedenti incidenti; Tribunale di Parma, sez. II, sentenza del 25/01/2019, n. 146; Tribunale di Parma, sentenza del 19/09/2018, n. 1304 (secondo cui non può costituire oggetto di obbligo giuridico per l’ente gestore la recinzione di tutte le strade e la segnalazione generalizzata di tutti i perimetri boschivi); Tribunale de L’Aquila, sentenza del 01/08/2016, n. 671; Tribunale de L’Aquila, sentenza del 22/07/2016, n. 638; Tribunale di Arezzo, sentenza del 04/03/2016, n. 299 (secondo cui va rigettata la domanda proposta nei confronti della Regione per il risarcimento dei danni conseguenti alla collisione tra una vettura e un cinghiale, non essendo emerse prove dell’addebitabilità del sinistro a comportamenti imputabili alla Regione o all’Anas, non potendo costituire oggetto di obbligo giuridico per entrambe la recinzione di tutte le strade e la segnalazione generalizzata di tutti i perimetri boschivi); Tribunale di Pescara, sentenza del 09/02/2016, n. 175; Cassazione civile, sez. VI, sentenza del 19/06/2015, n. 12808; Tribunale de L’Aquila, sentenza del 11/03/2015, n. 229; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 10/10/2014, n. 21395; Cassazione civile, sez. I, sentenza del 24/04/2014, n. 9276 (analoga a Tribunale di Arezzo, sentenza del 04/03/2016, n. 299); Cassazione civile, sez. VI, sentenza del 28/02/2014, n. 4788; Giudice di pace di Firenze, sentenza del 18/11/2013, n. 6503 (nella fattispecie il sinistro era stato provocato dall’attraversamento improvviso di un cinghiale su strada mancante di apposita segnaletica di pericolo); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 24/10/2013, n. 24121; Tribunale di Modena, sez. I, sentenza del 08/02/2012, n. 278; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 21/02/2011, n. 4202; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 06/10/2010, n. 20758; Tribunale di S. Angelo Lombardi, sentenza del 19/05/2010 (nel caso in esame l’attore, avendo fornito la prova del fatto illecito, del danno patito e del nesso causale fra la condotta omissiva della Provincia ed il danno – in assenza di misure idonee ad evitare che la fauna selvatica presente sul territorio arrecasse danni a terzi su quel tratto di strada – è stato ristorato del pregiudizio economico subito); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/03/2010, n. 5202 (la Corte, poiché non era stata fornita alcuna prova dell’eccessivo incremento e ripopolamento di animali selvatici imputabile alla Regione; che la regione, non essendo l’ente preposto alla gestione della strada sulla quale si è verificato l’incidente, non aveva alcun obbligo di apporre segnaletica idonea a indicare una situazione di pericolo per la sicurezza della circolazione; che erano assolutamente generiche tutte le altre carenze denunciate; ha rigettato la domanda risarcitoria); Tribunale di Ascoli Piceno, sentenza del 24/11/2006; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 28/03/2006, n. 7080 (analoga a Tribunale di Arezzo, sentenza del 04/03/2016, n. 299); Tribunale di Campobasso, sentenza del 23/03/2006, Cassazione civile, sez. III, sentenza del 25/11/2005, n. 24895; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 24/06/2003, n. 10008; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 14/02/2000, n. 1638; Giudice di pace di Asti, sentenza del 10/07/1999; Giudice di pace di Perugia, sentenza del 15/04/1999; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 15/03/1996, n. 2192; Tribunale di Firenze, sentenza del 13/05/1994; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 12/08/1991, n. 8788; Tribunale di Rieti, sentenza del 31/08/1990.
[32] La Corte Costituzionale, con sentenza del 04/01/2001, n. 4 ha ritenuto manifestamente infondata, con riferimento all’art. 3, Cost. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2052, cod. civ. nella parte in cui, così come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, esclude dall’ambito della sua applicazione la responsabilità dello Stato per i danni causati dalla fauna selvatica, in quanto l’irragionevolezza e la disparità di trattamento lamentata non sussiste, poiché la disposizione impugnata è applicabile solo in presenza di danni provocati da animali domestici, mentre per quelli cagionati da animali selvatici si applica invece l’art. 2043, cod. civ.. Infatti, nel caso in cui il danno è arrecato da un animale domestico (o in cattività), è naturale conseguenza che il soggetto nella cui sfera giuridica rientra la disponibilità e la custodia di questo si faccia carico dei pregiudizi subiti da terzi secondo il criterio di imputazione ex art. 2052, cod. civ. laddove i danni prodotti dalla fauna selvatica, e quindi da animali che soddisfano il godimento dell’intera collettività, costituiscono un evento puramente naturale di cui la comunità intera deve farsi carico secondo il regime ordinario e solidaristico di imputazione della responsabilità civile ex art. 2043, cod. civ.; né la norma impugnata crea disparità di trattamento tra gli agricoltori (i quali nel caso di danni alla produzione agricola causati dalla fauna selvatica possono beneficiare dell’indennizzo erogato da un fondo regionale costituito “ad hoc”) e tutti gli altri soggetti danneggiati, non essendo irrazionale una disciplina che, in considerazione della sua specificità, preveda una maggiore tutela per l’attività agricola.
[33] Quale la anomala incontrollata presenza di molti animali selvatici sul posto, l’esistenza di fonti incontrollate di richiamo di detta selvaggina verso la sede stradale, la mancata adozione di tecniche di captazione degli animali verso le aree boscose e lontane da strade e agglomerati urbani (Tribunale de L’Aquila, sentenza del 09/07/2019, n. 521). Il Tribunale ha specificato altresì che la mancata apposizione di cartelli stradali circa il passaggio di animali non è imputabile alla Regione (gravando detto potere/dovere, sul soggetto proprietario o gestore della strada, ex art. 14, C.d.S.), così come è da escludersi l’esistenza di un generale obbligo di recinzione dei perimetri boschivi e/o di illuminazione notturna di strade fuori dall’abitato anche considerato che l’utente della che viaggia in ora notturna su una strada che attraversa aree campestri e/o boschive ben può prevedere che tali zone siano frequentate da animali selvatici ed è tenuto ad adeguare la propria condotta di guida a detta circostanza così come alla ridotta visibilità notturna.
[34] Tribunale di Perugia, sez. II, sentenza del 17/12/2018, n. 1677.
[35] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 27/02/2019, n. 5722.
[36] Cassazione civile, sez. III sentenza del 31/07/2017, n. 18952 (nella specie, in virtù della L.R. Toscana n. 3/1994, che demanda delega alle Province, è stata confermata la decisione impugnata che aveva escluso la responsabilità della Regione e del Comune); sul punto, cfr. anche Cassazione civile, sez. III, sentenza del 21/06/2016, n. 12727 (la Corte ha nel caso concluso che, per i danni a coltivazioni nel territorio emiliano-romagnolo provocati da caprioli, rispondano le aziende venatorie di cui all’art. 43, L.R. Emilia-Romagna n. 8/1994, trattandosi di animali “cacciabili”, mentre le Province sono responsabili dei danni provocati nell’intero territorio da specie il cui prelievo venatorio sia vietato, anche temporaneamente, per ragioni di pubblico interesse); Cassazione civile, sez. VI, sentenza del 19/06/2015, n. 12808 (secondo cui la responsabilità extracontrattuale per danni provocati alla circolazione stradale da animali selvatici va imputata alla Provincia a cui appartiene la strada ove si è verificato il sinistro, in quanto ente cui sono stati concretamente affidati poteri di amministrazione e funzioni di cura e protezione degli animali selvatici nell’ambito di un determinato territorio, e non già alla Regione, cui invece spetta, ai sensi della L. 157/1992, salve eventuali disposizioni regionali di segno opposto, solo il potere normativo per la gestione e tutela di tutte le specie di fauna selvatica. In applicazione di tale principio, la Corte ha confermato la decisione con cui il giudice di merito aveva dichiarato il difetto di legittimazione della regione Abruzzo, la cui responsabilità non poteva essere derivata sulla base del solo impegno a far fronte agli oneri finanziari per il risarcimento dei danni, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma II, L.R. Abruzzo 10/2003); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 10/10/2014, n. 21395 (la Corte ha annullato con rinvio la decisione con cui il giudice di merito aveva ravvisato la corresponsabilità della Regione siciliana – sebbene la stessa avesse delegato legislativamente alle Province regionali i poteri di amministrazione del territorio e gestione della fauna – in ragione di “compiti di coordinamento” ad essa spettanti, senza verificare se l’adozione di misure di contenimento, idonee a scongiurare l’evento dannoso, potesse compiersi dalla Regione attraverso l’esercizio di poteri di controllo e sostitutivi); Cassazione civile, sez. VI, sentenza del 28/02/2014, n. 4788; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 21/02/2011, n. 4202; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 06/10/2010, n. 20758.
[37] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/03/2013, n. 7260 (nella specie, accertato che le api provenivano dalle arnie di un apicoltore e che la villa presentava vistose macchie scure costituite dai propoli della api stesse, correttamente è stata ritenuta la responsabilità del proprietario, che aveva peraltro un fondo troppo piccolo per ospitarle tutte).
[38] Tribunale di Brindisi, sentenza del 10/05/2019, n. 719; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 11/12/2018, n. 31957 (la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto responsabile il Comune convenuto per il danno subito dall’attore a causa dell’impatto tra la propria auto e un cane randagio verificatosi assai fuori dal centro abitato, senza accertare se, oltre che prevedibile, l’evento fosse evitabile mediante uno sforzo ragionevole); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 25/09/2018, n. 22546; Tribunale di Bari, sez. I, sentenza del 13/06/2018, n. 2585; Tribunale di Lecce, sez. I, sentenza del 08/06/2018, n. 2223; Cassazione civile, sez. VI, sentenza del 29/05/2018, n. 13488; Tribunale di Lecce, sez. I, sentenza del 08/03/2018, n. 877; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 31/07/2017, n. 18954; Tribunale di Cagliari, sentenza del 10/02/2016, n. 414.
[39] Tribunale di Nola, sez. I, sentenza del 17/05/2019, n. 1134; Tribunale di Trani, sentenza del 07/03/2018, n. 586.
[40] Tribunale di Brindisi, sentenza del 10/05/2019, n. 719; Tribunale di Lecce, sez. I, sentenza del 08/03/2018, n. 877; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 31/07/2017, n. 18954.
[41] Tribunale di Bari, sez. I, sentenza del 13/06/2018, n. 2585.
[42] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 07/03/2016, n. 4373; sul punto, cfr. anche Tribunale di Teramo, sentenza del 14/01/2019, n. 17; Cassazione penale, sez. IV, sentenza del 16/06/2011, n. 34070; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 25/01/2011, n. 1736; Tribunale di Cagliari, sentenza del 08/11/2006, n. 2745; Tribunale di Padova, sez. II, sentenza del 27/10/2006, n. 2413 (nel caso di specie, poiché le parti non hanno fornito la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ed in mancanza della prova della dinamica, la colpa del sinistro è stata ascritta in eguale misura al conducente del veicolo ed al proprietario dell’animale); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/01/2002, n. 200; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 27/06/1997, n. 5783; Giudice di pace di Cefalù, sentenza del 30/01/1997; Tribunale di Massa, sentenza del 27/07/1993; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/12/1992, n. 13016; Corte appello di Perugia, sentenza del 20/06/1986; Corte appello di Cagliari, sentenza del 16/04/1985; Tribunale di Perugia, sentenza del 14/03/1983; Pretura di Bari, sentenza del 19/12/1979; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 05/02/1979, n. 778.
[43] Tribunale di Piacenza, sentenza del 02/02/2010, n. 81; Corte di appello di Roma, sez. III, sentenza del 25/10/2005, n. 4554; Tribunale di Padova, sez. II, sentenza del 20/09/2005, n. 2324; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/01/2002, n. 200; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 19/04/1983, n. 2717.
[44] Cassazione civile, sez. VI, sentenza del 19/01/2017, n. 1368.
[45] Cassazione civile, sez. III, sentenza del 17/02/2017, n. 4202.
[46] Cassazione civile sez. III – 08/03/2019, n. 6737; sul punto, cfr. anche Tribunale di Oristano, sez. I, sentenza del 14/12/2017, n. 843 (secondo cui il titolare di un circolo ippico è responsabile dei danni riportati da un’allieva a seguito della caduta da cavallo quando lo stesso non ha rispettato i protocolli previsti per i principianti, quindi non ha adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 16/06/2016, n. 12392; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 27/11/2015, n. 24211 (nella specie, la Corte ha ritenuto applicabile al gestore la responsabilità ex art. 2050, cod. civ. per i danni subiti da una allieva che, nel corso della sua terza lezione di equitazione, era stata disarcionata dal cavallo, imbizzarritosi per il passaggio nelle vicinanze di alcuni cavalieri al galoppo); Tribunale di Reggio Emilia, sez. II, sentenza del 29/10/2014, n. 1442 (il Tribunale ha concluso che l’attività di equitazione può essere considerata attività pericolosa ex art. 2050, cod. civ.: tale possibilità non sussiste, tuttavia, in astratto ma va accertata in concreto in base alle modalità con cui viene impartito l’insegnamento, alle caratteristiche degli animali impiegati ed alla qualità degli allievi. Ove, all’esito di tale accertamento, non emergesse un giudizio di pericolosità, la responsabilità del gestore del maneggio andrà invece valutata alla stregua del diverso criterio di cui all’art. 2052, cod. civ.); Tribunale di Teramo, sentenza del 12/08/2014, n. 1134 (secondo cui, con riferimento ad un evento di danno verificatosi durante un corso di equitazione, per stabilire se nel caso concreto ricorra un coefficiente di pericolosità tale da integrare la fattispecie di cui all’art. 2050, cod. civ. e da costituire il discrimine con la diversa responsabilità ex art. 2052, cod. civ. non potendo, stricto sensu, parlarsi di un’attività sempre e comunque pericolosa, occorre guardare a parametri concreti quali il luogo in cui si svolge, la presenza di un istruttore e di strutture idonee, nonché, soprattutto, l’esperienza del cavaliere discente che costituisce sopra ogni altra valutazione il discrimen dell’applicazione di una delle due norme); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/03/2010, n. 5664 (la Corte ha confermato la decisione che aveva ritenuto il gestore responsabile del danno causato dal calcio improvviso di un cavallo sferrato mentre il gruppo di allievi, sotto la guida dell’istruttore, stava procedendo in fila indiana); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 19/06/2008, n. 16637 (nel caso in esame, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ritenuto il gestore responsabile, ex art. 2050, cod. civ. dei danni subiti da un’allieva principiante, colpita alla caviglia dallo zoccolo di un cavallo che, nella fila, seguiva immediatamente quello da lei cavalcato, ed avevano dichiarato la nullità, ex art. 1229, comma I, cod. civ. della clausola di esonero da responsabilità sottoscritta dall’allieva, dovendosi escludere la colpa lieve in quanto le conseguenze lesive erano facilmente prevedibili, considerato che, pur avendo l’animale già dato segni di evidente nervosismo nel corso dell’esercitazione, con grave imprudenza e negligenza, gli istruttori non avevano provveduto alla immediata sostituzione dell’animale); Tribunale di Nuoro, sentenza del 22/02/2006, n. 92; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 01/04/2005, n. 6888 (la Corte ha ritenuto il gestore responsabile, per attività pericolosa, dei danni subiti da una giovane, titolare di una attestazione di idoneità psicofisica alla cavalcatura, che era caduta da cavallo nel corso della sua sesta lezione); Tribunale di Padova, sez. II, sentenza del 05/02/2003 (per cui va considerata pericolosa l’attività equestre qualora venga svolta da un neofita utilizzando un cavallo da gara, fuori dal recinto del maneggio, in passeggiata effettuata in campagna in prossimità di un’area adibita a riserva di caccia); Tribunale di Milano, sentenza del 29/06/2000; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 09/04/1999, n. 3471 (secondo la quale, ai fini dell’applicazione della norma dell’art. 2050, cod. civ. il giudizio di pericolosità eventuale dell’attività dev’essere dato secondo una prognosi postuma sulla base dell’esame delle circostanze di fatto che si presentavano al momento dell’esercizio dell’attività. Alla stregua di tale criterio, se può dirsi che l’attività di noleggio di cavalli di per sé non sia intrinsecamente pericolosa, deve ritenersi che, in dipendenza delle circostanze del caso concreto, possa apparire tale il noleggio organizzato su percorsi pericolosi o senza adeguata vigilanza per prevedibili situazioni di emergenza); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 04/12/1998, n. 12307; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 23/11/1998, n. 11861; Tribunale di Perugia, sentenza del 15/10/1998; Tribunale di Vercelli, sentenza del 09/01/1996 (il Tribunale ha escluso che possa essere considerato principiante un cavaliere, il quale, dopo avere affrontato una ventina di lezioni, si accinga ad affrontare il salto di un ostacolo di circa 30 cm); Cassazione civile, sez. III, sentenza del 11/02/1994, n. 1380; Cassazione civile, sez. III, sentenza del 22/02/1979, n. 1155.
[47] Es.: partecipazione ad una lezione di equitazione tenuta da un istruttore del Circolo.
[48] Corte di appello di Roma, sez. III, sentenza del 29/05/2018, n. 3617.
[49] Corte di appello di Genova, sez. II, sentenza del 21/02/2018, n. 295.
[50] Tribunale di Sondrio, sentenza del 20/04/1996.

Fonte: Altalex

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