messa-alla-prova-ammissibile-anche-se-l-aggravante-e-contestata-in-dibattimento
Con la sentenza in esame la Corte Costituzionale (Corte Costituzionale, sentenza 05/07/2018 n° 141) ha accolto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 517 c.p.p. sollevata dal Tribunale di Salerno, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione «nella parte in cui non prevede che, contestata nel corso del giudizio dibattimentale una circostanza aggravante fondata su elementi già risultanti dagli atti di indagine, l’imputato abbia facoltà di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi degli artt. 168 bis c.p. e 464 bis e ss. c.p.p. relativamente al reato oggetto della nuova contestazione».
Nel caso all’esame del Tribunale, all’imputato era stato contestato, con il decreto penale di condanna, il reato di cui all’art. 186 comma 2 lettera b) e comma 2-sexies del Codice della Strada, per guida in stato di ebbrezza, mentre in udienza dibattimentale, a seguito di opposizione al decreto penale, il pubblico ministero aveva integrato la contestazione con l’aggravante dell’art. 186, comma 2-bis, del Codice della strada, perché l’imputato aveva provocato un incidente stradale con feriti.
Orbene, Il giudice rimettente si doleva, più specificamente, della mancata previsione della facoltà di accesso al nuovo rito speciale della sospensione del procedimento con messa alla prova, in presenza di una contestazione suppletiva cosiddetta “tardiva” o “patologica” di una circostanza aggravante, cioè di una contestazione basata su elementi che già emergevano dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale.
Secondo il giudice a quo la nuova contestazione avrebbe dovuto consentire all’imputato di chiedere la messa alla prova, così come gli consentiva di chiedere il patteggiamento e il giudizio abbreviato, pena la violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione.
La questione è stata ritenuta fondata dalla Corte Costituzionale.
Partendo dalla riconosciuta dimensione processuale della messa alla prova, quale procedimento speciale alternativo al giudizio, idoneo peraltro a sortire effetti sostanziali quali l’estinzione del reato, e ricostruendo il quadro dei principi per come si è andato delineando attraverso l’evoluzione giurisprudenziale, la Corte Costituzionale ha concluso che: nel caso di contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, non prevedere nell’art. 517 cod. proc. pen. la facoltà per l’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova si risolverebbe, come è stato ritenuto per il patteggiamento e per il giudizio abbreviato, in una violazione degli artt. 3 e 24 Cost.
L’evoluzione giurisprudenziale ha registrato, infatti, un progressivo riconoscimento all’imputato della facoltà di accedere ai riti alternativi del patteggiamento e dell’abbreviato non solo in seguito a nuove contestazioni patologiche, cioè collegate ad elementi acquisiti in corso di indagine – sull’assunto secondo cui di fronte a una variazione sostanziale dell’imputazione precludere all’imputato l’accesso ai riti speciali risulterebbe lesivo del diritto di difesa e del principio di eguaglianza in quanto l’imputato verrebbe irragionevolmente discriminato in dipendenza della valutazione delle risultanze delle indagini preliminari operata dal pubblico ministero – ma anche in seguito a nuove contestazioni “fisiologiche”, collegate cioè alle risultanze dell’istruzione dibattimentale 2 – sull’assunto secondo cui l’imputato che subisce la nuova contestazione viene a trovarsi in posizione diversa e deteriore, quanto alla facoltà di accesso ai riti alternativi, rispetto a chi, della stessa imputazione, fosse stato chiamato a rispondere sin dall’inizio.
In altre parole, si è riconosciuto che sia nell’uno sia nell’altro caso devono essere restituiti all’imputato i termini e le condizioni per esprimere le proprie opzioni sul rito, in quanto la modificazione dell’imputazione, oltre ad alterare in modo significativo la fisionomia fattuale del tema d’accusa, può avere riflessi di rilievo sull’entità della pena irrogabile e, di conseguenza, sull’incidenza quantitativa dell’effetto premiale connesso al rito speciale.
Poichè la richiesta dei riti alternativi costituisce estrinsecazione del diritto di difesa, la facoltà di richiederli deve essere regolata, ad avviso della Corte, unitariamente e deve essere collegata anche all’imputazione che, per effetto della contestazione suppletiva, deve effettivamente formare oggetto del giudizio.
Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 517 c.p.p. per il contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui, in seguito alla nuova contestazione di una circostanza aggravante, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova.
Il riferimento è alla sentenza n.265/94 sulla facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., relativamente al fatto diverso o al reato concorrente quando questo ha formato oggetto di contestazione “tardiva”; alla sentenza n. 184 del 2014, che ha riconosciuto analoga facoltà in presenza della contestazione suppletiva di una circostanza aggravante; nonchè alla sentenza n. 139 del 2015, che ha riconosciuto la facoltà di richiede il giudizio abbreviato nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale
Il riferimento è alla sentenza n. 237 del 2012 con cui è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di chiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato per il reato concorrente, emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale; alla sentenza n. 273 del 2014 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 516 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di chiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato per il fatto diverso, emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale; alla sentenza n. 206 del 2017 con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 516 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di chiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., per il fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale.
Fonte: Altalex
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2018