bancarotta-fraudolenta-quando-e-responsabile-anche-l-amministratore-di-fatto
Ai fini della attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore di fatto non occorre l’esercizio di tutti i poteri tipici dell’organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continua attività gestoria svolta in modo non episodico od occasionale. E’ quanto emerge dalla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 13 giugno 2018, n. 27163.
Il caso vedeva una dipendente di una società essere ritenuta corresponsabile del reato di bancarotta fraudolenta per aver concorso nel porre in essere, attraverso una serie di operazioni distrattive di beni aziendali e la distruzione, occultamento e falsificazione parziale delle scritture contabili al fine di procurarsi un ingiusto profitto e arrecare pregiudizio ai creditori e la tenuta di scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società , in quanto amministratrice di fatto della società medesima.
L’art. 2639 c.c., dettato in materia di reati societari, equipara al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile anche colui che esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.
Secondo la giurisprudenza prevalente, tale nozione di amministratore di fatto è applicabile anche in riferimento ai reati fallimentari che riguardano le figure degli amministratori delle società (Cass., pen., Sez. V, 5 dicembre 2016, n. 547).
La nozione di amministratore di fatto postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione; certamente significatività e continuità non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organo di gestione, ma richiedono pur sempre l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale.
Pertanto la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società , quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività , sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità , ove sostenuta da congrua e logica motivazione (Cass. pen., Sez. V, 28 novembre 2016, n. 8479).
Nella fattispecie la corte territoriale ha attribuito una partecipazione attiva dell’imputata nella società fallita, sebbene inquadrata formalmente come lavoratrice dipendente, senza indicare specifiche e non occasionali attività di gestione e soprattutto senza far leva su specifiche condotte aventi rilevanza esterna, idonee a ingenerare nei terzi il convincimento di una azione come gestrice della società , e per vero neppure come socia.
La sentenza impugnata non adduceva da parte dell’imputata né scelte gestionali, né disposizioni ai dipendenti, né assunzioni e licenziamenti del personale, né gestione diretta o indiretta di alcun settore, né, infine, contatti di rilevanza negoziale con terzi, clienti e fornitori.
Fonte: Altalex
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2018