assegno-di-mantenimento-versamento-diretto-al-maggiorenne-solo-se-ne-fa-richiesta
In caso di separazione o divorzio, l’art. 337-septies c.c. stabilisce che il giudice può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico, da versare – salvo diversa determinazione del giudice – direttamente all’avente diritto.
Con l’ordinanza 9 luglio 2018, n. 18008, la Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione prende posizione su una questione decisamente dibattuta in ambito divorzile: nel caso in cui sia posto a carico di un genitore l’obbligo di versare un contributo mensile a titolo di mantenimento per il figlio, e questi, pur ancora convivente con l’altro genitore e non autosufficiente, abbia superato la maggiore età , il contributo al mantenimento può essere versato direttamente al figlio e non al genitore convivente con questi?
La questione in esame trae origine da un provvedimento del Tribunale di Bologna, con il quale, in sede di divorzio, era stato posto a carico di un padre un obbligo di mantenimento mensile da versarsi direttamente a favore di due dei tre figli, ed a favore della madre per quanto relativo al terzo figlio, ancora con lei convivente.
Il padre, tuttavia, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, chiedendo appunto che il versamento potesse essere versato direttamente anche al terzo figlio, ormai maggiorenne.
Avendo la Corte di Appello rigettato il gravame, il padre aveva dunque presentato ricorso per Cassazione: anche tale ricorso veniva tuttavia rigettato, stabilendosi l’impossibilità per il padre di provvedere al versamento del mantenimento direttamente al figlio per sua esclusiva volontà .
La necessità della domanda dell’avente diritto al mantenimento diretto
Con l’ordinanza in oggetto, la Cassazione ripercorre la ratio e la disciplina degli obblighi di mantenimento, ed in particolare di quanto disposto dall’art. 337 septies c.c. (già art. 155 quinquies c.c.), il quale prevede che anche a favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente possa essere disposto il pagamento di un assegno periodico, da versarsi direttamente all’avente diritto, salvo diversa determinazione del giudice.
La diversa disposizione (e, dunque, nel caso di specie, il versamento dell’assegno di mantenimento alla madre del ragazzo maggiorenne) può evidentemente fondarsi in primis sulla circostanza che tale ragazzo ancora conviva con l’altro genitore.
In tali casi, infatti, è naturale che sia il genitore con il quale il figlio convive che in realtà materialmente provveda ai bisogni ed alle necessità del figlio. La deroga alla regola generale della corresponsione diretta della somma a titolo di contributo al mantenimento al figlio maggiorenne si giustifica dunque in quanto il versamento a tale genitore dell’assegno periodico diventa contributo concreto alla copertura delle spese correnti che egli si trova a dover sostenere mensilmente, spese correnti cui sono e restano comunque entrambi i genitori obbligati ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c.
E’ tuttavia del pari evidente però che la promiscuità delle spese che sostiene il genitore con cui convive il figlio per la gestione della casa e più in generale per il mantenimento del figlio renda difficile una esatta contabilizzazione delle stesse. Ciò innesca e fa sorgere nell’altro genitore il dubbio che in realtà quanto da lui versato mensilmente non vada interamente a vantaggio e a beneficio del figlio, ma che di tali importi ne benefici anche direttamente e materialmente l’altro genitore, pur non avendone, in linea di principio, diritto.
Come poter rimediare a tale rischio di commistione? E’ possibile per il genitore tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento pagare tale assegno direttamente al figlio così da evitare il rischio che l’altro genitore si approfitti ed usufruisca di somme a lui non destinate?
La Cassazione, in modo uniforme, ha ribadito che, in tali circostanze, accanto al diritto del figlio al mantenimento, sussiste un autonomo e concorrente diritto del genitore con lui convivente a percepire il contributo dell’altro genitore alle spese necessarie per tale mantenimento (vd. sul punto Cass. n. 25300/13; ord. n. 24316/13; Cass. 21437/2007; Cass. 4188/2006; 8007/2005).
In conseguenza, il genitore separato o divorziato tenuto al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente e convivente con l’altro genitore non ha alcuna autonomia nella scelta del soggetto nei cui confronti adempiere l’obbligazione e pertanto non può pretendere, in mancanza di specifica domanda del figlio, di assolvere la propria prestazione nei confronti di quest’ultimo anziché del genitore istante, il quale ha chiesto in sede giudiziale il mantenimento per il figlio.
Solo la domanda autonoma del figlio ad ottenere il mantenimento diretto può negare il concorrente diritto del di lui genitore convivente a percepire il relativo assegno, dimostrando tale domanda la volontà dell’avente diritto di gestire autonomamente le risorse destinate al suo mantenimento.
Domanda che, evidentemente, tarderà ad essere presentata fintantochè il figlio continuerà a convivere con il genitore che dovrebbe essere percettore del mantenimento, poste le difficoltà e le tensioni che una tale domanda potrebbe generare.
E tutto ciò fermo restando altresì che a questo punto sarà necessario un ulteriore ed autonomo accordo tra il figlio e il genitore con il quale egli convive, volto a determinare come il figlio, con l’assegno a quel punto da lui direttamente incassato, possa poi contribuire materialmente alle spese correnti al suo mantenimento, posto che esse continueranno in prima battuta a gravare sul genitore non più percettore dell’assegno.
In conclusione, ancora una volta si può rilevare come in ambito familiare e divorzile a mancare non è tanto un’esatta e puntuale normazione da parte del legislatore sul punto, né in molti casi una doverosa sensibilità da parte dei giudici in merito, ma il problema è e resta l’oggetto proprio del contendere, il quale attiene a questioni ove i problemi, più ed oltre che giuridici, sono in primis morali, etici e relazionali, tali da imporre un costante, continuo e delicato contemperamento tra interessi contrapposti.
Fonte: Altalex
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2018