invasione-di-terreni-e-reato-flagrante-per-tutto-il-tempo-dell-occupazione
E’ da ritenersi tempestiva la querela per il reato di invasione di terreni che sia stata proposta durante il periodo in cui si è protratta l’occupazione, dal momento che il reato permanente è flagrante per tutto il tempo in cui se ne protrae la consumazione.
Lo ha statuito la Seconda Sezione della Corte di Cassazione (sentenza 11 aprile – 8 maggio 2018, n. 20132) accogliendo il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria avverso una sentenza pronunciata dal Giudice di pace di Reggio Calabria, il quale aveva prosciolto gli imputati, concorrenti nela reato di invasione di terreni ed edifici, per essere stata la querela proposta dalla persona offesa oltre i 90 giorni dalla conoscenza dell’illecito.
Il requirente aveva proposto, per vero, appello dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria deducendo che tale conclusione fosse stata raggiunta sul presupposto erroneo del carattere istantaneo del reato di occupazione abusiva.
L’appello dinanzi al Tribunale di Reggio Calabria, era stato riqualificato come ricorso per cassazione e trasmesso per competenza alla Corte di Cassazione.
La norma in questione, contenuta nel libro II, titolo XIII, del codice penale e rientrante tra i delitti contro il patrimonio, sanziona, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da euro 103 a euro 1032, la condotta di chi “invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”. Il comma 2, prevede l’applicazione congiunta delle suddette pene nonché la procedibilità d’ufficio nel caso in cui il fatto venga commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi.
Tale previsione mira a tutelare l’interesse alla inviolabilità del patrimonio immobiliare e il diritto di godimento che spetta a colui che ne abbia l’esclusività dell’uso garantita dalla legge.
La condotta tipica del reato consiste “nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione” (cfr. Cass. pen., Sez. II, 5 marzo 2013, n. 15297). L’introduzione deve essere arbitraria: il concetto di invasione, infatti, non presuppone necessariamente il compimento di atti violenti e/o tumultuosi essendo sufficiente che il soggetto attivo, privo del diritto di accesso, ponga in essere un comportamento contra ius introducendosi arbitrariamente nell’edificio.
In dottrina si ritiene, ancorchè ciò non sia espresso dalla norma, che la permanenza nel terreno o nell’edificio debba avere un’apprezzabile durata per essere sorretta dal dolo specifico dell’agente, che si concretizza nel fine ultimo del medesimo di occupare gli immobili o trarne profitto.
Discussa è la natura del reato in questione: secondo un primo orientamento, dominante, si tratta sostanzialmente di un reato istantaneo che, allorchè l’occupazione si protragga nel tempo, assume la caratteristica di reato permanente giacchè la situazione realizzata (l’abusivo insediamento nell’immobile altrui) permane fino a quando l’agente abbandoni l’immobile, non già come semplice effetto di un comportamento antigiuridico iniziale, ma come permanente violazione della legge penale (cfr., ad es., Cass. Pen., Sez. II, n. 49169 del 27.11.2003; Cass. Pen., Sez. III n. 2026 del 26.11.2003, dep. 22.1.2004; Cass. Pen., Sez. II, n. 8799 del 17.1.99; Cass. Pen., Sez. II n. 3708 del 12.1.90) .
Secondo un altro orientamento, minoritario, la norma di cui all’articolo 633 cod. pen. non riguarda la condotta successiva di protrazione dell’occupazione, che può invece rilevare in sede civilistica, ma l’atto di invasione, ragion per cui si tratta di delitto istantaneo, pur se con effetti permanenti, la cui data di consumazione coincide con il momento in cui l’occupazione ha avuto inizio (cfr. ad es.Cass. Pen., Sez. II, n. 7911 del 20/01/2017, Rv. 269575).
La Corte assegnataria del ricorso lo ha ritenuto fondato sull’assunto, sostenuto dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo cui il reato ex art. 633 c.p., ove non si risolva in un’occupazione momentanea, ma protratta nel tempo, si configura quale reato permanente, atteso che l’offesa al patrimonio perdura sino a che continua l’invasione arbitraria del terreno o edificio al fine di occuparlo o di trarne profitto.
Hanno ricordato i giudici di legittimità come, nel reato in questione, l’invasione non si riferisca a una condotta violenta ma a una condotta arbitraria di intrusione di cui la conseguente occupazione costituisce estrinsecazione materiale, di tal che per tutto il tempo in cui si protrae l’occupazione il reato è da considerarsi flagrante e la querela tempestiva: ed invero, nell’ipotesi di reato permanente, al fine della valutazione sulla tempestività della querela, occorre avere riguardo non già alla conoscenza della situazione antigiuridica da parte del querelante ma alla data della cessazione della permanenza (Cass. Pen. Sez. VI n. 2241 del 13.1.2011, Rv 249208, secondo cui in tema di reato permanente il diritto di presentare querela può essere esercitato dall’inizio della permanenza fino alla decorrenza del termine di tre mesi dal giorno della sua cessazione).
La Corte ha disatteso l’orientamento minoritario (secondo cui il reato in questione sarebbe istantaneo ad effetti permanenti, perchè si consumerebbe cioè al momento delll’invasione, irrilevante essendo la successiva condotta) osservando che qualora per mantenere la modifica dello stato dei luoghi sia necessaria una condotta attiva dell’agente il reato non può essere considerato istantaneo ad effetti permanenti ma deve essere considerato necessariamente permanente: ragion per cui, nel reato ex art. 633 c.p., essendo necessaria una condotta dell’attore che utilizzi il bene altrui, il reato si connota come permanente. Se così non fosse, ha osservato la Corte, si rischierebbe di considerare improcedibile o prescitto un reato che continua a protrarsi nelle more del processo.
Fonte: Altalex
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2018