opposizione-esecutiva-non-invocabili-fatti-estintivi-anteriori-a-formazione-del-titolo
In sede di opposizione all’esecuzione non possono essere invocati fatti impeditivi o estintivi anteriori alla formazione del titolo.
Cosi statuisce un’ordinanza del Tribunale di Rovigo del 19 giugno 2018, ribadendo principi consolidati e pacifici.
Avverso una procedura esecutiva immobiliare promossa da un istituto di credito sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo del Tribunale di Rovigo, i debitori esecutati propongono opposizione ex art. 615 c.p.c., contestando la nullità (totale o parziale) delle fideiussioni da loro prestate a favore della ditta mutuataria (che aveva stipulato un contratto di mutuo fondiario con la banca) e chiedendo la sospensione della procedura inaudita altera parte.
La nullità del contratto di fideiussione è conseguente alla violazione dell’art. 2 della Legge n. 287 del 1990 (norme per la tutela della concorrenza e del mercato), con particolare riferimento alla clausola del contratto di fideiussione – basato su di un modello elaborato dall’ABI – che prevede la deroga all’art. 1957 c.c. e alle cd. clausole di reviviscenza e sopravvenienza. Il tutto come confermato dalla Suprema Corte, con la recente sentenza della prima sezione, n. 29810 del 12.12.2017.
Ulteriori n. 2 motivi sorreggono l’opposizione: 1) in pendenza dell’opposizione al decreto ingiuntivo, il credito della Banca non è certo ma contestato, in violazione dell’art. 474 c.p.c.; 2) gli interessi pattuiti nel contratto di mutuo fondiario sono usurari.
La memoria difensiva dell’istituto di credito è costruita attorno alle seguenti ragioni: 1) l’opposizione è anzitutto inammissibile in quanto, essendo l’esecuzione fondata su un titolo giudiziale, il debitore non può sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi o impeditivi anteriori al predetto titolo; 2) la competenza del giudizio spetta in ogni caso al Tribunale di Venezia, Sezione specializzata in materia di Impresa, come previsto dall’art. 33 della l. 287/1990, avendo l’opposizione ad oggetto la asserita nullità del titolo azionato per violazione del diritto in materia di concorrenza; 3) nel merito, non è configurabile la nullità dell’intero contratto ma, al più, la nullità parziale delle singole clausole anticoncorrenziali; 4) sono infondate le eccezioni avversarie poiché l’art. 474 c.p.c. non impedisce di agire sulla base di un titolo esecutivo oggetto di contestazione da parte del debitore; 5) sono irrilevanti in sede di opposizione le contestazioni circa il quantum debeatur.
Particolare motivo di interesse è, in questa sede, il primo motivo dell’opposizione esecutiva.
Il giudice dell’esecuzione, richiamando una giurisprudenza costante e uniforme, rammenta che l’opposizione ex art. 615 avverso l’esecuzione promossa sulla base di un titolo giudiziale non può essere fondata su eccezioni inerenti a fatti estintivi od impeditivi anteriori alla formazione del titolo, perché quelli erano invocabili esclusivamente nel procedimento preordinato al titolo stesso. E’ precluso al giudice dell’opposizione “conoscere degli stessi vizi già dedotti o che avrebbero potuto essere dedotti davanti al giudice della cognizione” (così Cass. n. 27159/2006, conformi Cass. n. 8331/2001 e Cass. n. 12664/2000).
Diversamente opinando, si mina alla radice il concetto di titolo esecutivo come strutturato dall’art. 474 c.p.c, in cui è cruciale il requisito dell’astrattezza. Giova ribadire che, ottenuto il titolo esecutivo, il creditore ha la possibilità per ciò stesso di promuovere l’esecuzione forzata. Il titolo giudiziale va inteso nell’esecuzione forzata “non come prodotto o, peggio, prosecuzione del giudizio da cui esso è originato, bensì come dato autonomo e indipendente rispetto a quel processo di formazione”1. Si tratta di una soluzione tecnica che inquadra il titolo esecutivo giudiziale quale frutto “d’una sorta di frattura col processo dichiarativo”: questo era ed è, come opportunamente osservato da attenta Dottrina, il prezzo da pagare per disporre di un’efficacia e di un’azione esecutiva astratta.
Tornando alla controversia in argomento, il giudice dell’opposizione – accertato che l’opposizione non è basata su fatti sopravvenuti alla formazione del titolo giudiziale – ritiene che l’eventuale nullità (totale o parziale) del contratto di fideiussione doveva essere sollevata dagli opponenti (o rilevata d’ufficio) nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.
Ulteriormente è qui di interesse il giudizio circa il carattere inconferente del richiamo all’art. 474 c.p.c. e alla (in)certezza del diritto azionato con riferimento alla pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo costituisce pacificamente titolo idoneo alla proposizione dell’esecuzione forzata, anche quando fatto oggetto di opposizione. In tale evenienza grava “sul creditore procedente che abbia deciso di iniziare l’esecuzione sulla base di un titolo non ancora definitivo, in caso di accoglimento dell’opposizione, il rischio dell’eventuale revoca del decreto. Nell’ipotesi di sopravvenuta inefficacia del titolo, infatti, l’esecuzione non potrà proseguire, a meno che non vi sia dato ulteriore impulso dagli eventuali creditori intervenuti e titolati”.
Si può concludere nel senso che questa ordinanza del Tribunale di Rovigo ha dovuto ribadire concetti abbondantemente acquisiti che nondimeno, nelle concrete controversie, tornano di tanto ad essere messi in discussione.
Fonte: Altalex
ShareSET
2018