Con il contratto preliminare di compravendita due parti convengono che gli effetti propri della vendita del bene oggetto del contratto si verifichino in un momento successivo rispetto a quello della stipula dell’accordo privato, obbligandosi, però, già dal momento della stipula del contratto preliminare, ad effettuare le rispettive obbligazioni, con specifica individuazione della causa contrattuale.
Lo scopo del preliminare, che per essere valido ed efficace deve essere sottoscritto da soggetti pienamente capaci, è quello di creare un vincolo contrattuale tra le parti, affinché le stesse abbiano maggiori certezze in ordine alla stipula del contratto definitivo.
È utile ricordare che il codice civile prevede due tipi di capacità : la capacità giuridica e la capacità di agire: la prima, prevista dall’art.1 del codice civile si acquista con la nascita ed è la capacità di un soggetto di essere centro di imputazione di diritti e doveri che gli competono; la seconda, invece, è prevista dall’art. 5 del codice civile ed è l’idoneità del soggetto a porre in essere validamente atti idonei a incidere sulle situazioni economico-giuridiche di cui è titolare.
La capacità di agire, acquisita da ogni soggetto al momento del compimento della maggiore età , viene meno una volta che lo stesso è dichiarato legalmente inabilitato od interdetto, ovvero allorquando al soggetto è affidato un amministratore di sostegno, secondo la disciplina introdotta dalla legge n. 6/2004. In tali casi sarà rispettivamente il curatore, il tutore o l’amministratore a curare gli interessi del soggetto incapace.
Il soggetto affetto da c.d. incapacità naturale, invece, si ritiene non abbia capacità di intendere e di volere.
L’incapacità legale dichiarata e l’incapacità naturale producono effetti diversi per quanto concerne i contratti stipulati: infatti l’incapacità legale, riscontrabile quando il soggetto incapace è sottoposto agli istituti giuridici sopra elencati, è sempre causa d’annullamento del contratto, mentre l’incapacità naturale presuppone la malafede dell’altro contraente per determinare l’annullabilità del contratto.
Come stabilito dall’art. 428 c.c. infatti gli atti compiuti da persona incapace di intendere e di volere, sebbene non dichiarata formalmente incapace, possono essere dichiarati annullati su istanza della persona che li ha posti in essere, nel caso in cui è provato che l’altro contraente fosse in mala fede al momento della stipula. Inoltre, sempre a norme del citato articolo, in caso di mancata prova della malafede dell’altro contraente, non vi è annullabilità nel caso in cui il contratto non abbia arrecato un effettivo danno al soggetto incapace.
In sede di giudizio per l’accertamento della volontà alla base della stipula del contratto preliminare, a differenza dei casi di interdizione, inabilitazione e riconoscimento dell’amministrazione di sostegno, ricade sul contraente affetto da incapacità naturale l’onere di provare il vizio di mente al momento della stipula contrattuale, oltre alla malafede dell’altro contraente, ovvero al danno per gli effetti della stipula contrattuale.
Nonostante la netta disparità di trattamento in ordine al regime probatorio, con netto sfavore del soggetto affetto da incapacità naturale, i più recenti orientamenti giurisprudenziali, anche con riferimento alla stipula dei contratti preliminare, hanno inteso fornire maggiori tutele al soggetto incapace di intendere e volere.
Per quanto sancito dalla recente giurisprudenza di merito e di legittimità , al fine di far valere l’invalidità del negozio per incapacità naturale non è necessaria la prova che il soggetto, nel momento del compimento dell’atto, versava in uno stato patologico che fosse tale da far venir meno, in modo totale ed assoluto, le sue facoltà psichiche, in quanto è sufficiente accertare che tali facoltà erano perturbate al punto da impedire al soggetto una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio, e quindi il formarsi di una volontà cosciente, ovvero che la patologia fosse tale da non permettergli di avere coscienza dell’impegno contrattuale che stava assumendo (C.d.A. di Venezia, sent. n. 1741/2018 del 20.06.2018 in merito al contratto preliminare; cfr anche Cass. 2014, n. 59).
Ebbene, giacché sulla scorta degli richiamati, nonché per pacifica dottrina, il preliminare è da annoverare, ad ogni effetto di legge, tra i negozi giuridici tout court, sussistendone tutti gli elementi sanciti dal codice civile in materia di contratti, i criteri per sancirne l’annullabilità per infermità di mente (rectius: incapacità naturale) sono quelli richiamati dalla giurisprudenza indicata.
In altre parole, ai fini dell’annullabilità del contratto preliminare, oltre alla prova dell’effettivo danno ricevuto, ovvero della malafede dell’altro contraente, è sufficiente la prova che uno dei soggetti firmatari non fosse in grado di effettuare una adeguata valutazione dell’affare a causa di una patologia mentale che non permetteva una piena coscienza della realtà .
A sua volta, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo sancito che l’accertamento della totale incapacità di un soggetto in due periodi, prossimi nel tempo, per il periodo intermedio, è assistita da presunzione iuris tantum, sicché, in concreto, si verifica l’inversione dell’onere della prova. Deve essere, infatti, dimostrato da chi vi abbia interesse, che il soggetto abbia agito in un momento di lucido intervallo (cfr. tra le altre Cass. 4539 del 28/03/2002).
Fonte: Altalex
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2018