responsabilita-enti-la-confisca-va-disposta-per-la-parte-non-restituibile-al-danneggiato
Nel caso in cui uno stesso soggetto sia sottoposto a processo penale e a processo contabile per il risarcimento dei danni cagionati all’ente pubblico dalla condotta criminosa, i due procedimenti sono reciprocamente autonomi; tuttavia, l’eventuale pluralità di pronunce di condanna per il medesimo illecito, separatamente emesse, deve essere risolta sul piano della preclusione, dal momento che il sistema giuridico non consente la duplicazione della misura accordata a tutela del danneggiato.
Tale ragionamento è stato posto dalla Corte di Cassazione (sentenza 4 settembre 2018, n. 39874) a fondamento della decisione sul ricorso proposto da una società , condannata in due procedimenti diversi, penale e contabile, per lo stesso fatto di appropriazione fraudolenta di risorse pubbliche, non utilizzate per le finalità di interesse generale rispetto alle quali erano state erogate.
La ricorrente, in particolare, si doleva dell’illegittima duplicazione di procedimenti e di provvedimenti sanzionatori a causa della celebrazione, a suo carico, del procedimento penale, conclusosi con sentenza che aveva accertato la responsabilità della stessa in ordine all’illecito amministrativo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 21 e art. 24, comma 2, per appropriazione fraudolenta di risorse pubbliche, e del procedimento per responsabilità contabile, intentato nei confronti della medesima per il danno erariale cagionato a seguito della condotta illecita contestata nel giudizio penale.
Nel primo processo era stata disposta, oltre alla condanna alle sanzioni amministrative, anche la confisca per equivalente sino a concorrenza della somma di Euro 2.542.399,00; mentre nel giudizio contabile la società era stata condannata, in solido con gli amministratori, al risarcimento del danno a favore dell’Ente, determinato in misura pari al contributo pubblico percepito (Euro 2.542.399,00).
Il giudice dell’esecuzione, cui era stata avanzata la richiesta di revoca della confisca, aveva respinto l’eccezione di bis in idem, osservando che, sebbene presupposto fattuale dei due diversi giudizi fosse la commissione degli stessi illeciti penali ascritti all’amministratore unico della società , i provvedimenti adottati nelle due distinte sedi giudiziarie avevano natura giuridica differente: l’una, la condanna al risarcimento dei danni per responsabilità contabile, recuperatoria, l’altra, la confisca, afflittiva.
Aveva peraltro concluso disponendo un approfondimento istruttorio ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., comma 5, finalizzato a verificare che l’eventuale adempimento imposto dalla pronuncia contabile, nelle more posto in essere, non avesse estinto l’intera obbligazione.
Tale decisione è stata ritenuta congrua dalla Corte di cassazione, pur ritenendo questa di dover meglio focalizzare i temi giuridici attenzionati dall’ordinanza e dal ricorso.
Il Tribunale, secondo la Corte, avrebbe infatti esclusivamente errato nel negare il carattere sanzionatorio di entrambi i provvedimenti emessi a carico della ricorrente cioè avrebbe errato nel ritenere che la confisca non fosse una sanzione penale ma una garanzia dell’adempimento coattivo dell’obbligazione restitutoria nei confronti dell’ente danneggiato.
La Corte, ricordando che la confisca per equivalente costituisce una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti ne ha riconosciuto la natura punitiva  distinguendola dal risarcimento del danno, che costituisce invece un rimedio riparatorio. Sulla scorta di tale distinzione, la Corte ha escluso che sussistesse la lamentata duplicazione di sanzioni, perchè dalla celebrazione dei due procedimenti autonomi, quello penale e quello contabile, erano scaturiti effetti differenti, dei quali soltanto uno, la confisca, aveva natura sostanzialmente punitiva del responsabile.
Ha però precisato come la coesistenza di diversi procedimenti, derivanti dall’esercizio di azioni di natura risarcitoria proposte per il medesimo fatto generatore di pregiudizio, non consenta la duplicazione della misura accordata a tutela del danneggiato, con la conseguenza che nel determinare l’ammontare pecuniario sino a concorrenza del quale confiscare in sede penale i beni del condannato è necessario tenere conto della già avvenuta totale o parziale restituzione o corresponsione all’ente danneggiato di eventuali somme di denaro. Siffatta soluzione riceverebbe peraltro avallo normativo per effetto della disposizione del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19, comma 1, contenente la clausola per la quale, in caso di responsabilità degli enti, la confisca deve essere disposta soltanto per quella parte del profitto del reato presupposto che non possa essere restituito al danneggiato.
Folte: Altalex
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2018